“Uè capitano”. Quando la redazione de “Il Rione” mi ha chiesto di scrivere un ricordo di Walter Padovani, mi è venuto subito in mente il suo saluto quando mi vedeva. Sono stato il suo primo capitano eletto dal popolo e per lui ero quello fino agli ultimi dei suoi giorni tra di noi. Perché Walter prima che Capo Rione era un uomo con un cuore grande.
Sarebbe facile scrivere di lui che ha dato un apporto fondamentale per creare il Palio del Niballo, che lo ha fatto crescere, che ha fatto diventare il suo Rione quello più vittorioso, quello conosciuto anche fuori dai confini faentini.Walter era quello che prima ti guardava negli occhi, che ti entrava dentro per capire le cose più nascoste di te e poi ti prendeva per il collo, quasi a stritolarti, perché era il suo abbraccio più sincero, il suo modo di farti sentire che lui c’era senza se e senza ma.
Walter era quello che la sera nel circolo si sedeva con attorno tutti noi, giovani e meno giovani, e raccontava le storie di Palio vissute in molte città d’Italia, di come avevano allargato gli spazi di un Rione che era partito da due stanze.
Walter era quello che una domenica pomeriggio venne al mio matrimonio fiero di esserci, anche se nelle stalle si stavano preparando cavalli e fantini per correre poco dopo in Piazza del Popolo i Castelli della Val d’Amone.
Walter è stato un secondo padre per molti di noi, che dispensava moniti e consigli, che faceva sentire la sua presenza, che cercava di farti innamorare della vita rionale perché sapeva che era comunque un luogo protetto e più controllabile. Oltre a puntare alle vittorie del Palio del Niballo e nelle Giostre di molte città d’Italia, ha cercato sempre di creare una comunità, che fosse coesa e pronta ad aiutarsi, forse rude nei modi, che a volte si scontrava, ma alla fine si abbracciava fiera di essere “Gente del Rosso”. Walter era questo e tanto altro, ti entrava dentro, ti contagiava con il suo entusiasmo, ti abbracciava con il suo sguardo penetrante, ti spronava a dare il meglio di te. Lui ci ha insegnato la “rionalità” e ci ha lasciato il compito di insegnarla ai nostri figli, ai nostri nipoti, ai nostri amici, a continuare quella faticosa opera di comunità che ha cercato di tutelare anche con scelte dolorose. Ci sarebbe da scrivere un libro sul sentimento che ha piantato, coltivato e fatto crescere dentro ad ognuno che ha avuto la fortuna di incrociare il suo cammino.
Concludo con un mio ricordo personale; nel 1983 Walter venne inibito alla partecipazione di ogni evento del Palio del Niballo come pena accessoria dopo i famosi “fatti della Torre” dell’anno prima. La sera del Giuramento entrai in scorta del mio Rione in Piazza del Popolo, arrivati davanti al palco salii e depositai il suo famoso cappello rosso nella sua sedia vuota destinata ai Capi Rione.
Walter non era in piazza, non c’era potuto andare, ma la sua comunità volle comunque far sapere a tutti che Lui era lì.