«Pressioni giuste su di noi, ma siamo all’inizio di un ciclo»

ciccio

Christian Rivola è uno che non usa giri di parole. «Per vincere a Faenza, serve almeno un ciclo di lavoro di 3–4 anni».


Un ciclo di scuderia calcolato proprio da tecnico?

«Minimo, eh. Possono servire anche 5–6 anni».


Beh, questo è mettere le mani avanti sugli obiettivi del Rione Rosso per lungo tempo.

«No, ma serve comunque tanto lavoro e molta pazienza. Per un cavallo da Palio, intendo dire vincente, non bastano 6 mesi».


Ok, ma per un Cavaliere da Bigorda, invece?

«L’esperienza di un cavaliere non si discute, ma neanche si improvvisa. Un conto è il talento, la maturità per la vittoria è invece un’altra cosa».


Certo, e va comunque abbinata al tempo del cavallo.

«Non si può pretendere un dodici e due (12 secondi e 2 decimi in pista, ndr) alla prima apparizione. I tempi importanti sono il risultato del lavoro di anni. Io ricordo Matteo Renzi che debuttò al Palio giovani del 1996 e vinse la sua prima Bigorda d’Oro nel 2002».


5–6 anni, appunto, ma erano anche altri tempi.

«Sì, certo, allora c’erano i migliori uomini a terra che il Niballo abbia mai avuto, come Gian Franco Ricci».


Oggi, secondo questo ragionamento solo il Rione Nero avrebbe completato il ciclo di lavoro per vincere la Bigorda. Ma sappiamo anche che c’è la prova sul campo.

«Tutte le scuderie del Centro civico sono molto preoccupate per l’incolumità dei giovani cavalieri della Bigorda. Le difficoltà della pista e del terreno le conosciamo, quest’anno i rischi sono molto alti».


È stato pensando a questo che il Rione Rosso ha sostituito l’infortunato Antonio Caselli? 

«Sì, e diciamo che a quel punto la scelta migliore da fare era far montare il cavallo preparato per la Bigorda semplicemente al suo proprietario».


Brenda Maisa, 11 anni.

«Andava bene anche per Antonio, cavaliere principiante che per 7 mesi si è allenato molto bene. E poi i sardi mi hanno sempre detto: “Fantino giovane? Cavallo esperto”».


Per il Palio, le pressioni su Matteo Rivola sono parecchie.

«Le pressioni sono giuste, forse le aspettative sono troppo alte, ma il fatto che in giostra ci siano dei campioni non ci dà fastidio. Anzi, Matteo è molto carico».


E la scuderia del Rione Rosso, ripartita praticamente da capo, come sta alla vigilia di giugno?

«Molto bene, il clima è ottimo anche se il lavoro da fare è tanto e ci servirebbero un paio di volontari in più. Ma lo sappiamo, è un impegno che non tutti riescono a mantenere, soprattutto i giovani».


Christian Rivola, come responsabile tecnico di scuderia, ha dei rimpianti?

«Avevamo fatto tutto bene e ci siamo un po’ inguaiati l’ultimo mese, ma non è dipeso da noi e dalla nostra programmazione».


Solo sfortuna?

«Ed eventi esterni. È chiaro che la caduta del cavaliere da Bigorda e la morte di Enzo Berardi hanno influenzato le nostre forze e i nostri cuori nel momento decisivo della preparazione».


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